Non so se vi è mai capitato di dirlo, o almeno pensarlo difronte a racconti apparentemente fantascentifici di terze persone che vi descrivevano vostro figlio con comportamenti che voi non avevate mai visto.
A me è successo. Ho provato questa sensazione molte volte quest’anno, il pomeriggio all’uscita di scuola.Filippo ha cambiato scuola, anche quest’anno, come ogni anno da quando ha iniziato a 13 mesi, passando da una simpatica e solare scuola materna privata ad una materna statale ingrigita dai tagli governativi. E se fin’ora non ha mai avuto problemi nel farsi subito nuovi amici e nell’adattarsi al cambiamento, stavolta qualche difficoltà l’abbiamo avuta, con le insegnanti. Devo ammettere di non essere ancora riuscita a decifrarle, a capire se hanno ancora entusiasmo e voglia di fare oppure se si sono rassegnate alla situazione che vuole la scuola italiana in decadenza, certo è che non ci hanno accolto con grande apertura mentale, anzi.
Filippo è un bambino molto sicuro di sè, che ama esprimere la sua opinione e manifestare le sue idee. E’ abituato ad avere a casa l’attenzione e lo spazio che un bambino che cresce merita di avere, ma ha dovuto imparare che a scuola questo tipo di attenzione e di spazio devono essere condivise con gli altri bambini e non è stato ovviamente facile. I primi mesi le insegnanti all’uscita di scuola raccontavano di come lui fosse a parer loro troppo esuberante, di come volesse stare sempre al centro dell’attenzione, non lasciasse parlare gli altri, non si interessasse a quello che raccontavano gli altri bambini, ecc… Tutte cose normalissime a mio avviso, problematiche che potevo immaginare e che pensavo dovessero essere gestite da loro, insegnandogli a rispettare i tempi degli altri e a parlare meno o almeno al momento opportuno e con un po’ di tempo tutto si sarebbe risolto. Ma i comportamenti di Filippo difronte a queste situazioni di stress che mi venivano riferiti dalle insegnanti poco o nulla avevano a che vedere con il bambino che conoscevo: “quando non vuole ascoltare quello che dice un altro bimbo lui fa la lallazione”, “quando non vuole dormire fa i dispetti ai bimbi che invece vogliono dormire”.E io, lo confesso, ho messo in dubbio le loro parole. E più mi dicevano “signora, glielo farei vedere..” più io pensavo che mi stavano descrivendo un altro bambino, che il mio Filippo non lo aveva mai fatto in nessuna circostanza e che non ne era capace, che non poteva essere vero.
A me è successo. Ho provato questa sensazione molte volte quest’anno, il pomeriggio all’uscita di scuola.Filippo ha cambiato scuola, anche quest’anno, come ogni anno da quando ha iniziato a 13 mesi, passando da una simpatica e solare scuola materna privata ad una materna statale ingrigita dai tagli governativi. E se fin’ora non ha mai avuto problemi nel farsi subito nuovi amici e nell’adattarsi al cambiamento, stavolta qualche difficoltà l’abbiamo avuta, con le insegnanti. Devo ammettere di non essere ancora riuscita a decifrarle, a capire se hanno ancora entusiasmo e voglia di fare oppure se si sono rassegnate alla situazione che vuole la scuola italiana in decadenza, certo è che non ci hanno accolto con grande apertura mentale, anzi.
Filippo è un bambino molto sicuro di sè, che ama esprimere la sua opinione e manifestare le sue idee. E’ abituato ad avere a casa l’attenzione e lo spazio che un bambino che cresce merita di avere, ma ha dovuto imparare che a scuola questo tipo di attenzione e di spazio devono essere condivise con gli altri bambini e non è stato ovviamente facile. I primi mesi le insegnanti all’uscita di scuola raccontavano di come lui fosse a parer loro troppo esuberante, di come volesse stare sempre al centro dell’attenzione, non lasciasse parlare gli altri, non si interessasse a quello che raccontavano gli altri bambini, ecc… Tutte cose normalissime a mio avviso, problematiche che potevo immaginare e che pensavo dovessero essere gestite da loro, insegnandogli a rispettare i tempi degli altri e a parlare meno o almeno al momento opportuno e con un po’ di tempo tutto si sarebbe risolto. Ma i comportamenti di Filippo difronte a queste situazioni di stress che mi venivano riferiti dalle insegnanti poco o nulla avevano a che vedere con il bambino che conoscevo: “quando non vuole ascoltare quello che dice un altro bimbo lui fa la lallazione”, “quando non vuole dormire fa i dispetti ai bimbi che invece vogliono dormire”.E io, lo confesso, ho messo in dubbio le loro parole. E più mi dicevano “signora, glielo farei vedere..” più io pensavo che mi stavano descrivendo un altro bambino, che il mio Filippo non lo aveva mai fatto in nessuna circostanza e che non ne era capace, che non poteva essere vero.
Mi sono posta sulla difensiva, ho pensato che non lo avessero in simpatia perché troppo esuberante e loro troppo severe, ho pensato che volessero indurmi a cambiargli sezione…
Era più facile per me dare la colpa a loro. Mi sono posta sulla difensiva perché quel Filippo che loro descrivevano non lo conoscevo. Proprio lui, l’amore della mia vita, il bambino che amo che cresce accanto a me ogni giorno, col quale passo tantissimo tempo, il mio bambino non le fa certe cose.
E se invece le facesse?
Poteva davvero essere così diverso quando non c’ero io?
Ho cominciato a pensare alle volte in cui era stato dai miei senza di me e mio padre al telefono mi aveva detto “quando ci sei tu va bene, ma quando non ci sei, non si tiene” e anche quelle volte avevo pensato che la colpa fosse di mio padre, che dovesse lui farsi rispettare. E in parte è così ovviamente: Filippo deve riconoscere le varie autorità diverse da me e imparare a rispettarle e questo dipende da loro, che siano le maestre o il nonno.
Ma il punto era un altro. Esisteva un bambino che era mio figlio e che io non conoscevo?
Davvero mio figlio era capace di apparire in un modo con me e in un altro quando non c’ero?
Siamo davvero tutte maschere come diceva Pirandello? Anche mio figlio è una maschera? E se è così qual è il Filippo vero?
Probabilmente, anzi sicuramente entrambi.
Mio figlio è quello che io vedo ogni giorno, quello che fa i lavoretti creativi con me, quello che mi aiuta a cucinare, quello che si entusiasma quando leggiamo un libro o quando ne arriva uno nuovo, quello che è paziente con il fratellino rompino.
Ma mio figlio è anche un bambino vivace, che quando viene lasciato libero di esprimersi senza una guida che incanali la sua energia verso qualcosa, si esprime come un bambino di 4 anni, cioè corre, salta, urla, fa il dinosauro, abbraccia i suoi amici, fa gli scherzetti ai suoi amici, si annoia a sentire i bambini che raccontano del loro week-end.
Ma mio figlio è anche un bambino vivace, che quando viene lasciato libero di esprimersi senza una guida che incanali la sua energia verso qualcosa, si esprime come un bambino di 4 anni, cioè corre, salta, urla, fa il dinosauro, abbraccia i suoi amici, fa gli scherzetti ai suoi amici, si annoia a sentire i bambini che raccontano del loro week-end.
Ho capito che devo riconoscere e accettare anche questo altro bambino, solo così posso aiutarelo a capire e a gestire l’altra parte di sé, quella che emerge in situazioni di stress.
Così ora ne parliamo, mi faccio raccontare quello che succede da lui e mi mostro comprensiva cercando di spiegargli come gestire le situazioni che non gli piacciono o che lo annoiano. Gli porto esempi di vita sociale in cui noi grandi dobbiamo gestire le sue stesse frustrazioni di come abbiamo imparato a comportarci. Cerco di aiutarlo a capire sperando che impari, ma ho accettato che lui possa essere e comportarsi diversamente da come me lo aspetto e da come lo conosco.
Io alle volte mi chiedo anche quanto Tigro sia diverso con me solo per farmi piacere…per essere come sa che io lo vorrei. Un giorno facevamo i compiti e lui ad un tratto si è messo a piangere perchè io gli dicevo di scrivere meglio. Lui mi ha detto con le lacrime:”Io faccio tutto bene per farti contenta” Mi sono sentita un’emerita cacca…forse sbaglio io a caricarlo di aspettative? Forse dovrei lasciarlo più libero in modo che lui sia uguale con me e con gli altri? O forse tutti noi siamo diversi a seconda delle situazioni in cui ci troviamo o delle persone con cui entriamo in relazione? Queste domande per me sono all’ordine del giorno…un bacione
Mammola a volte succede anche a me di pensare di pretendere troppo da lui e che lui si adegui per compiacermi. Ma altre volte io vedo quanto sta bene a fare certe cose con me e penso che non lo fa per me, ma perché gli piacciono, perché realmente in lui convivono due persone…
Dobbiamo trovare il giusto bilanciamento: spronarli a far bene senza essere troppo esigenti… è dura, ma sbagliando impariamo, anche noi mamme!
Bel post e ottime riflessioni. Io credo che ai bimbi faccia bene frequentare ambienti diversi da quello casalingo proprio perché imparano a gestirsi da soli. Ci sono tanti Filippo in base a tante situazioni e in base alle persone con cui interagisce. Con mio figlio è lo stesso. Malato di protagonismo, ha il comportamento inverso. Se la mia attenzione non è tutta per lui se ne inventa di tutti i colori. Ti ricordi alla mostra di Paul Klee, che facevo foto agli altri bimbi, come era indemoniato? Si era persino messo a giocare con il telefono del museo…non sapevo più dove nascondermi. A scuola invece è un altro bambino: la maestra dice che è un tenerone, che è buono, sempre impegnato a giocare…
“Ma…dice Leonardo?” chiedo io.
“Si, si”
Però lui non si fila tanto gli altri bimbi…è un pò snobbone, probabilmente perché è abituato a stare tra adulti.
Un abbraccio
Grazie Debbie per il tuo commento. Mi “consola” sapere che succede anche ad altri bimbi e altre mamme…
E’ normale così evidentemente.
Un abbraccio a voi e spero di vedervi presto.
Guarda proprio oggi parlando con le maestre mi è stato detto che Stefano spesso risponde male, cioè se fa qualcosa di sbagliato ha la tendenza a negare l’evidenza, e non riesco a capire perché visto che non sono una che sgrida se sbaglia qualcosa. Anzi..ho sempre cercato di spiegare e spesso anche io mi sento una cacca perché dice “Lo faccio perché se no ti arrabbi..” giuro che quando mi dice così mi sento una cacca. e penso di aver sbagliato tutto..
Succede anche a me… evidentemente li abbiamo caricati di aspettative pur non volendo.
Io gli ripeto ogni volta che se le cose me le racconta lui, io non mi arrabbio, ne parliamo, ma non mi arrabbio.
Ma non sempre recepisce questo messaggio purtroppo!
Continuiamo però.. mi raccomando!
Perché adesso possiamo ancora costruire un terreno solido sul quale affrontare poi l’adolescenza!
da noi è l’esatto contrario: la mia piccola a scuola bravissima, vivace ma senza dare alcun problema, con me spesso una furia. le educatrici stesse le prime volte che fuori dal nido hanno visto i suoi comportamenti erano esterefatte. con i nonni una via di mezzo. il peggio lo da con me. che fortuna!
Mannaggia… chissà cosa scatta nelle loro testoline…
sai che io vorrei che Filippo facesse il contrario, cioè che esternasse il suo malessere con me che almeno avrei la pazienza, la forza e l’amore per gestirlo e aiutarlo…
Faccio mie le tue riflessioni…non è facile concepire che i nostri bambini abbiano aspetti che non conosciamo…quante volte ascoltando i racconti della maestra mi sono chiesta se stesse parlando della mia Birby o se l’avesse scambiata con qualche altra. A scuola mangia persino il miele che a casa ODIA!
Non è facile accettarlo, ma tocca imparare a farlo se vogliamo capirli, conoscerli veramente!
Mi piacciono sempre i tuoi post “seri”.
😉
Io non ho -ancora- avuto l’esperienza che tu racconti, anzi, di solito riconosco in quello che mi dice la maestra il carattere di mio figlio, i pregi ed i difetti.
Quello che mi dispiace e che a volte le maestre non hanno il tempo (la voglia?) di mettersi lì, e con empatia, cercare di capire il comportamento dei bambini. Soprattutto di quelli più sensibili.
Vabbè, dovranno imparare, prima o poi, che la vita non è proprio una cosa semplicissima!
già… peccato che debbano impararlo da così picoli!