In questi giorni si discuterà al Governo del decreto Concorrenza per un mercato libero nel quale si prevede di rivedere tra le altre cose, la Legge Levi sul costo del libro.
Quando la Legge Levi è stata istituita nel 2012, era già previsto che fosse una legge in prova soggetta revisione dopo un anno, per vedere se aveva avuto effetti positivi oppure no, già l’anno scorso era stata parzialmente cambiata con il decreto Salva Italia.
Cosa prevedeva la Legge Levi e quale era l’obiettivo
La Legge voleva regolamentare gli sconti al pubblico sui libri, che fino a quel momento erano senza controllo, in modo da dare regolare chiare e comuni alle varie librerie fossero “virtuali” (on-line) o “reali” (negozi fisici).
La legge prevedeva in linea di massima:
- sconto massimo al pubblico 15%
- sconto a associazioni culturali e enti pubblici (scuole, biblioteche,…) al 20%
- sconto al 25% in occasioni di campagne promosse dagli editori a livello nazionali, della durata di un mese (escluso il mese di Dicembre) e non ripetibili uguali nello stesso anno.
Poi c’erano delle eccezioni ulteriori: libri fuori catalogo, invenduti da più di 6 mesi, eventi importanti a livello nazionale e locale…
Questo permetteva un equiparazione di tutte le librerie fossero esse indipendenti, di catena (Feltrinelli, Mondadori, Giunti, etc, etc), online (Amazon, Ibs, etc, etc) e di tutte le rivendite fuori dalle librerie: ipermercati, supermercati, edicole, negozi di giochi,…
Inoltre permetteva la libera concorrenza tra grandi e piccoli rivenditori, salvaguardano le realtà di qualità che lavorano bene sul territorio, soprattutto in un epoca in cui ciò che si guarda soprattutto a livello di acquisti da parte di enti è lo sconto che viene effettuato in caso di gara d’appalto.
Queste regole permettevano ai comuni e alle scuole di scegliere non più solo in funzione di uno sconto che sembrava più appetibile, ma anche in funzione per esempio della presenza del fornitore sul territorio (facilitazione dell’economia locale), dei servizi aggiuntivi che potevano essere resi: consulenza, creazione delle bibliografie, specializzazione del fornitore in un determinato campo…
Criteri che comunque andrebbero presi in considerazione e che sono comunque previsti, ma che spesso vengono “dimenticati” e sacrificati in funzione del “miglior prezzo”.
La prima modifica alla Legge Levi nel 2014
Nel 2014 la legge Levi è stata modificata con il decreto Salva Cultura, eliminando il tetto di sconto per le Biblioteche e gli enti pubblici, perché il 20% sembrava poco, con l’obiettivo di vendere più libri. In realtà la cosa veramente utile sarebbe stata aumentare i fondi a biblioteche, archivi, scuole.
Parlando poi in termini prettamente “economici” di solito gli sconti agli enti vengono fatti perché di un determinato prodotto si prendono molti esemplari uguali (per esempio 15 sedie), mentre è difficile che una biblioteca (la scuola già è più facile) prenda 15 copie dello stesso libro.
La proposta attuale di modifica della Legge Levi
Le Legge Levi è di nuovo in revisione: si propone di liberalizzare il prezzo del libro (che fino ad oggi è imposto) e anche gli sconti, in nome della libera concorrenza.
In realtà come abbiamo detto sopra, per assurdo, la libera concorrenza in questo caso viene garantita dalla presenza di paletti e regole uguali per tutti, in modo di mettere in grado tutti gli operatori economici di gareggiare alla stessa maniera: siano essi grandi gruppi o piccole librerie.
Nei paesi anglofoni dove è stato tolto il prezzo imposto del libro si è visto una riduzione dei prezzi nel caso di narrativa in edizione economica e di bassa qualità, mentre un aumento degli altri settori, tra cui la saggistica che ha prezzi molto più alti che in Italia.
In paesi come Francia e Germania dove invece si è limitato o addirittura eliminato lo sconto al pubblico, si è visto un’abbassamento medio del prezzo di copertina, e la presenza media del libro in catalogo si è allungata.
Guest post a cura di Alice Della Puppa – Baobab, libreria dei Ragazzi
Quel che penso io della modifica delle Legge Levi è che la sua introduzione che tanto è stata apprezzata da librai ed editori indipendenti che soffrivano la concorrenza spietata di colossi e-commerce, sicuramente non ha risolto i loro problemi, ma sicuramente ha posto dei vincoli che in qualche modo hanno permesso loro di respirare e tenersi a galla.
Quando è stata introdotta, devo dire che da fruitrice di libri che spesso li comprava online, mi sono irritata, ritenendo che non tutelasse gli interessi degli acquirenti, ma quando ho iniziato a studiare le piccole realtà e a capire cosa implicava per loro, non ho potuto fare a meno di riconoscere che era giusto che fosse stata introdotta.
Liberalizzare il prezzo del libro, oggi, significa sfavorire definitivamente gli editori indipendenti che non possono sostenere la concorrenza in fatto di sconti, perché produrre un libro richiede lavoro. Il lavoro dell’autore, del traduttore, del revisore, del grafico, del tipografo, dell’addetto stampa (cit.)
Inutile nascondersi dietro l’idea che le liberalizzazioni sono il bene, non sempre è così. Ecco.
Leave Your Comments