
Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche arrivarono ad Auschwitz, liberarono i superstiti e rivelarono al mondo l’orrore. Tra le vittime anche tanti bambini. Furono un milione e mezzo i piccoli uccisi dal nazifascismo. I bambini vittime dell’Olocausto, considerati dal Terzo Reich “indesiderabili”, furono almeno un milione e mezzo. Molti trovarono la morte nei campi di sterminio, altri nei lager oppure nei ghetti colpiti da altri due nemici, la fame e il tifo, che uccisero migliaia di persone. In Italia più di 4.000 i bambini tra i 6 e i 10 anni furono allontanati dalle scuole pubbliche del Regno d’Italia perché ebrei.
Dal 2005 il 27 gennaio di ogni anno si celebra ufficialmente il Giorno della Memoria per commemorare le vittime del genocidio nazista.
L’Olocausto rappresenta una tragedia che colpisce il cuore e la coscienza dell’essere umano. Tutti dovrebbero ricordare, tutti dovrebbero sapere. Alla memoria viene assegnata una grande responsabilità: la protezione del genere umano da ogni forma di distruzione e da ogni delirio di sterminio. Ricordare ci permette di evitare l’errore passato. Tuttavia, non ci sono problemi fino a quando il nostro ricordo e le nostre iniziative di sensibilizzazione riguardano il mondo dell’adulto. Il discorso si fa più complesso quando il racconto sull’Olocausto si indirizza al mondo del bambino.
TANTE DOMANDE, TANTI DUBBI
Ogni anno emergono dubbi e domande che smuovono i pensieri dei genitori, degli insegnanti e degli educatori. Partiamo proprio dai quesiti più comuni per cercare di fare chiarezza.
E’ giusto parlare dell’Olocausto ai bambini piccoli?
Raccontare ai più piccoli, che hanno meno di 13 anni, cosa sia l’Olocausto non è qualcosa di semplice e di immediato. I fatti accaduti sono associati a immagini violente, strazianti e ad emozioni forti. Tuttavia, ricordare e raccontare permette di formare le coscienze.
La formazione delle coscienze. Portare i più piccoli a riflettere su questioni delicate è un passo importante per la formazione delle loro coscienze. I bambini di oggi saranno gli adulti di domani. Che tipo di adulto vogliamo trovarci di fronte nel futuro? Quindi, che tipo di società vogliamo ottenere? I nostri racconti possono aiutare lo sviluppo della coscienza sociale tesa ad accettare “naturalmente” la diversità come un valore e non come un ostacolo. Nei piccoli si può attivare la capacità di mettersi nei panni degli altri. Questa abilità, chiamata empatia, può condurre il bambino a pensare alla storia di altri bambini che ancora oggi vivono gli orrori delle guerre e delle discriminazioni. L’obiettivo è quello di costruire un clima sociale sensibile, attento e rispettoso dei diritti umani. Per raggiungerlo è necessario lavorare sull’infanzia. È fondamentale lavorare con i bambini. È più semplice formare una coscienza di un bambino piuttosto che cambiare quella dell’adulto. I bambini capiscono bene il valore del rispetto reciproco e dei diritti. È possibile, dunque, creare un percorso che vada a potenziare questi aspetti.
L’elaborazione delle informazioni. La TV, la radio e Internet ci tempestano costantemente di notizie. Spesso, i bambini si trovano soli di fronte a questo bombardamento di informazioni. Raccontare e condividere con loro le notizie negative che possono giungere alla loro attenzione è un modo per proteggerli dall’impatto di certe news. Non possiamo controllare tutte le notizie che arrivano ai bambini, ma possiamo gestire la loro elaborazione, mediando parole e concetti e guidando alla comprensione di alcune emozioni.
Dunque, raccontare i fatti dell’Olocausto ai più piccoli diventa un vero e proprio dovere dell’adulto.
Allora, quali caratteristiche deve avere questo racconto dell’Olocausto ai bambini?
Racconti semplici, non retorici. E’ importante raccontare la verità senza andare nei particolari più cruenti. La stabilità emotiva dei bambini va sempre tutelata e protetta. Dobbiamo evitare, quindi, un carico eccessivo di angoscia. Le spiegazioni dovrebbero includere concetti semplici da elaborare per evitare di generare troppa confusione dovuta al fatto che alcuni passaggi sono troppo complessi per una mente di 7 anni circa. Il racconto dovrebbe essere chiaro e semplice, non frettoloso. Semplicità non è sinonimo di superficialità. Il racconto dovrebbe essere trasmesso con profondità d’animo, senza slogan o frasi fatte che danno una sensazione di “commerciale”. Fondamentale è l’utilizzo del linguaggio figurato e di parole adatte alla fascia d’età considerata.
Quando è consigliabile avviare il racconto dell’Olocausto con i bambini?
Il racconto sull’Olocausto con i bambini dovrebbe inserirsi in un percorso ampio. Questo dovrebbe coinvolgere più materie, quindi più insegnanti, e non dovrebbe iniziare e concludersi il 27 gennaio. Si tratta di un tema delicato e complesso. Necessita di tempo, calma e attenzione. Il bambino ha bisogno di lentezza per accedere a questo argomento. Dovremmo iniziare a spiegare l’Olocausto ai bambini prima di Gennaio. Inoltre, per capire la Shoah bisogna conoscere l’identità di un popolo, la sua cultura, il processo storico che ha portato molte persone di origine ebraica a vivere in tutta Europa. Gli insegnanti potrebbero partire da questo punto, dando come compito quello di effettuare delle ricerche sul popolo ebraico, per avviare il processo di conoscenza. La comprensione dell’Olocausto ha bisogno di una cornice più ampia che vada oltre il range di tempo 1938-1945. Lo scopo è quello di comprendere un percorso storico e non solo il singolo evento.
Quali strategie si possono utilizzare per evitare un racconto dell’Olocausto non traumatico per i bambini?
Le parole dell’adulto e l’enfasi associata sono i canali principali del racconto. Però, a volte, hanno bisogno di un supporto aggiuntivo. Questo può essere rappresentato dai libri e dai film. Entrambi devono essere adeguati alla fascia d’età che stiamo considerando. Quindi, nella scuola primaria devono essere evitati film con scene forti e violente che andrebbero a turbare gli animi dei bambini.
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Tra la curiosità e i dubbi dei bambini ci sono tante domande.
Un racconto così delicato potrebbe stimolare nei bambini emozioni come la paura, ma anche tanta curiosità. I bambini vogliono capire, vogliono approfondire. In questo clima ecco comparire la valanga di domande! E’ importante rispondere a queste domande per offrirgli una chiave di lettura chiara e per aiutarli nell’elaborazione emotiva.
Il racconto sull’Olocausto, dunque, ha una missione nobile: ha in sé il desiderio di condurre il bambino a pensare, a farsi domande, a non dare per scontato niente, a non calpestare l’altro. Il racconto sull’Olocausto ha “semplicemente” lo scopo di rendere i bambini di oggi degli adulti di domani con una coscienza in grado di VEDERE e SENTIRE oltre il proprio recinto.
Dott.ssa Cristina Minotti, Psicologa dello Sviluppo e dell’Educazione
Laureata all’Università degli Studi di Firenze, ho aperto il mio studio privato di psicologia! Lavoro con i bambini e adolescenti, con le loro famiglie e con i loro insegnanti. Gli ambiti nei quali mi muovo sono differenti: disturbi specifici dell’apprendimento, difficoltà di apprendimento, difficoltà scolastiche, orientamento scolastico e professionale, difficoltà relazionali e affettive e difficoltà familiari. Cosa non troverete nei miei articoli? Non vi offrirò delle ricette e non vi dirò “dovete fare così!”. Ogni persona, bambino e famiglia è un’entità unica con specifiche caratteristiche, dunque, non possiamo sempre generalizzare. Tuttavia, vi offrirò delle conoscenze derivanti da celebri studi e dalla mia esperienza per delineare una strada che sostenga il pensiero di voi lettori, che vi porti ad interrogarvi e a riflettere su alcuni comportamenti o problemi che interessano la sfera familiare e quella infantile. CristinaMinotti.it IG: @cristinaminotti_
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