Il libro di cui vi parlo oggi è un libro molto toccante, la prima volta che ho incontrato le sue pagine mi son quasi commossa. Non lo avevo mai letto ai miei bambini perché non mi sentivo pronta e non li sentivo pronti, ma Il volo di Sara è uno dei più bei libri sull’olocausto per bambini, un libro che in punta di piedi ti entra nel cuore e ti trafigge perché hai voglia di abbracciarla, di scaldarla, di darle una tazza di latte caldo con i biscotti, di regalarle qualche attimo di serenità anche senza dirle che andrà tutto bene, perché sai che non è così.
I libri per bambini sull’olocausto si articolano in due categorie, alcuni, come La città che sussurrò o La portinaia Apollonia, di cui vi ho parlato nei rispettivi post, raccontano storie di aiuto, protezione degli ebrei perseguitati, storie di piccolo eroismo che hanno salvato vite umane scongiurando il pericolo della deportazione e quindi della morte.
Altri invece, come Il volo di Sara vogliono raccontare la dura verità di quello che accadeva nei campi di sterminio nazisti, cercando di proporlo in modo accessibile ai bambini, indubbiamente triste, ma se possibile anche dolce in modo che possa arrivare alla sensibilità dei bambini.
Il volo di Sara da voce ad un pettirosso, è lui che racconta la storia breve e struggente di questa dolce bambina che arriva al campo di concentramento con un delizioso vestitino azzurro di lana, cucito dalla sua mamma e un fiocco azzurro intonato sulla testa, che cinge i suoi bellissimi capelli neri. Neanche il tempo di farsi notare dalla bambina che questa viene strappata dalla mano di sua madre, inutile ogni urlo e ogni protesta. Lei non vedrà più la sua mamma.
Il pettirosso decide di prendersi cura di lei, di essere per lei mamma, compagnia, accudimento. Raccoglie per lei tutte le briciole di pane che trova, le bucce di patate, qualunque cosa che possa servire al sostentamento di Sara, che diventa sempre più debole ed esile.
Il pettirosso si prende cura di Sara anche di notte, facendole compagnia nel suo giaciglio e cinguettando per lei finché la piccola non si addormenta.
Una sofferenza quella di Sara che ci arriva dritta dalle parole del pettirosso, che ci turba perché ci fa sentire impotenti, perché capovolge tutti gli schemi mentali cui siamo abituati: non siamo noi umani a lasciare le briciole per i pettirossi affamati? Eppure nei campi di concentramento, dove l’uomo non è più uomo, ma bestia che si accanisce contro i suoi simili, l’uomo che ne subisce i soprusi non è più uomo, ma creatura fragile, addirittura più fragile di un pettirosso.
L’immedesimazione con il pettirosso è totale, tendiamo la mano a Sara per tutto il tempo, la abbracciamo mentre dorme, vegliamo quei pochi momenti di pace che ha nel sonno.
Ma a poco giova se non riusciamo a portarla via di li.
Per fortuna ci riesce il pettirosso, deciso a salvarla in ogni modo, il piccolo uccellino dona a Sara le sue ali perché possa librarsi libera nel cielo. E dopo di lui, altri uccelli fanno lo stesso con i bambini in fila in attesa della morte… uno ad uno gli uccelli donano le ali ai piccoli ebrei destinati alla morte facendoli vibrare nel cielo finalmente liberi.
Ho voluto raccontarvi il libro cercando di trasmettervi l’emotività che trasuda perché non potevo che raccontarvelo così, perché Il volo di Sara travolge ed è giusto che sia così. Perché l’olocausto è stato la pagina più nera della storia umana, perché parlarne sconvolge e riviverlo nel libro sconvolge allo stesso modo. Ed è giusto che sia così.
E’ adatto ai bambini?
Si certo, loro non hanno la misura dell’orrore come lo abbiamo noi, non sanno che Sara era in fila per morire, che in cielo ci sarebbero volate le sue ceneri. E per ora va bene così.
I bambini ne saranno turbati?
No, perché le illustrazioni sono delicate pur nei toni del grigio e del nero, perché possono immaginare ma non più di tanto, quello che il pettirosso racconta.
Ve lo consiglio se volete parlare con i bambini dell’immane tragedia dell’olocausto, non prima dei 6-7 anni però.
Se volete lo trovate su Amazon:
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Hai detto bene Federica, l’olocausto è probabilmente la vicenda più nera della storia umana.
Con mio figlio (all’epoca aveva 4 anni) ho visitato la casa di Anna Frank ad Amsterdam…una viaggio nella storia intenso e triste per noi che capiamo…mio figlio ha colto gli aspetti che alla sua mente apparivano divertenti (mamma che scala piccola per salire di sopra, mamma che bel nascondiglio devo farlo anche io sotto il mio letto, qui giocavano sempre a nascondino..) non afferrando appieno il dramma vissuto da Anna.
Ma poi, all’uscita mi ha detto: mamma però vivere nascosti tutti i giorni non mi piace! A modo suo ha capito..
Credo proprio che gli leggerò il libro il prossimo anno perché credo che l’unico modo per non riscrivere una pagina del genere sia far conoscere a tutti quanto è accaduto.
Grazie Laura, in effetti è bene che capiscano a modo loro e soprattutto non c’è alcuna fretta di trattare questi temi. Ci sarà tempo. ^_^